domenica 14 settembre 2008

I soliti goal regalati all'Inter...


Ecco qua l'azione incriminata.

Per gli interisti è goal.... ma solo per loro. Solo gli Interisti vedono la palla totalmente al di là della linea...

Eeeh... l'onestà... che bella qualità!
Peccato che non sia di casa ad Appiano Gentile e via Durini.. nonchè neppure nel Pirellone.

E' questo sarebbe goal?
Ma fatemi il piacere.

Dite grazie a Tronchetti Provera e alla Telecom se siete dove siete. Dite grazie a Guido Rossi.
Siete nati nel 1908 e nel 1910 avete avuto il vostro primo Scudetto di Cartone...e poi venne il 1922 quando sareste dovuti retrocedere.. ma i soliti agganci.. vi hanno tenuto a galla... che ladrata!!!! Poi vennero i passaporti falsi.. ed i falsi in bilancio.. ma i soliti "agganci".. mettono tutto a tacere... MA NOI NON DIMENTICHIAMO.

29, NON UNO DI MENO.

mercoledì 6 agosto 2008

Inter: assoluzione? No, prescrizione

Si è generata confusione nell’interpretazione del comunicato con il quale il Procuratore Federale Palazzi ha archiviato il fascicolo aperto dall'Ufficio Indagini sui presunti pedinamenti ordinati dall'Inter a carico di De Santis, Vieri ed altri giocatori.
Per esempio sul sito della Gazzetta, il 23 giugno, il titolo è stato "La Figc assolve l'Inter" e l’articolo si limitava a riportare il comunicato aggiungendo solo "La vicenda aveva suscitato clamore nei mesi scorsi, e uno dei giocatori coinvolti, Christian Vieri, dopo aver sostanzialmente ignorato le scuse del presidente dell'Inter Moratti, ha chiesto un risarcimento danni di 21 milioni di euro all'Inter e alla Telecom"

Più attento, invece l’editoriale di Andrea Pavan, su Tuttosport, dal titolo "RETROSCENA INQUIETANTI":

Le liste di prescrizione, nella vecchia Italia, ormai sono lunghe e piene quanto quelle di proscrizione nell’antica Roma. Gli ultimi imbucati - nelle prime e giammai nelle seconde, al di là delle inguaribili sindromi nerazzurre da complotto - sono da ie­ri l’Inter e il suo presidente Moratti. Le cui posizioni, in merito alle denunce di spionaggio ai danni di dipendenti propri e tes­serati federali, sono state archiviate dal procuratore Palazzi «non essendo emerse fattispecie di rilievo disciplinare procedi­bili ovvero non prescritte». Laddove «ovvero», in giuridichese, sta per «oppure». Nella lingua del popolo e non dei legulei, si­gnifica che parte dei pedinamenti - attenzione: non negati, né de­finiti legittimi - non è perseguibile perché sono scaduti i termi­ni, mentre l’altra parte sarebbe riconducibile per responsabilità (o comunque per conoscenza diretta, vedi il contatto con l’arbi­tro dissidente Nucini) a persone che non ci sono più. Una perso­na, diciamolo: il mai abbastanza compianto Giacinto Facchetti. Il dirigente più volte citato negli interrogatori degli uomini Te­lecom (Tavaroli e Cipriani) coinvolti in uno scandalo ben più grande di quello calcistico e comparso nei resoconti delle audi­zioni dello stesso Moratti presso l’Ufficio Indagini della Figc. Una bandiera, Facchetti, che evidentemente sa fare ancora del bene alla sua Inter. Ora, fermi restando il principio del garanti­smo prima delle sentenze e il rispetto a esse dovuto una volta emesse, è chiaro che quando la giustizia non giudica perché non può farlo - e dunque assolve per l’impossibilità di procedere e non perché il fatto non sussista o non costituisca reato - la sod­disfazione può riguardare unicamente chi del provvedimento beneficia e non tutti gli altri

Ancora più completo un articolo dello stesso Andrea Pavan, pubblicato sempre su Tuttosport del 23 giugno, che pubblichiamo integralmente:

Intercettazioni: la FIGC riconosce le accuse anche se la prescrizione salva l’Inter
MORATTI SPIA MA LA FA FRANCA
Il Patron: “Non c’era da preoccuparsi e per le plusvalenze finirà nello stesso modo”
MILANO. «Sono preoccupato, per la storia delle plusvalenze, quanto lo ero per le voci sui pe­dinamenti: e avete visto come una certa insinuata situazione si sia risolta totalmente a favo­re dell’Inter. Allo stesso modo si concluderà la vicenda riguar­dante i bilanci. Dunque sono contento, non preoccupato». Co­sì parlò Massimo Moratti, ver­so sera, aprendo l’assemblea straordinaria dei soci nerazzur­ri. Un incipit volto a rassicura­re la platea («operazioni ammi­nistrative sempre trasparenti e corrette») prima di galvanizzar­la con l’aumento di capitale («uno dei tanti, importanti, pun­tuali ») e con il contro-ribaltone Suazo. Un commento goduto al comunicato emesso poche ore prima dalla Figc. Questo: «Il Procuratore federale, esamina­ta la relazione dell’Ufficio Inda­gini sugli accertamenti richiesti dalla Procura federale in ordi­ne a numerosi articoli di stam­pa riguardanti il comportamen­to di dirigenti della società In­ternazionale F.C. S.p.A. nei con­fronti dell’arbitro Massimo De Santis, dei calciatori Christian Vieri, Adrian Mutu, Luis Ro­naldo Delima Nazario, Vladi­mir Jugovic e del tesserato Mariano Fabiani, ha disposto l’archiviazione del procedimen­to, non essendo emerse fattispe­cie di rilievo disciplinare proce­dibili ovvero non prescritte». In sostanza, spiare e pedinare re­sta in assoluto un’attività illeci­ta, ma se non si può procedere non comporta sanzioni. E qui, secondo il prossimo Superpro­curatore Palazzi, procedere non si può. Perché l’opera di vigilan­za fuori dal campo - emersa nel caso di Vieri da una fattura in­terista intestata alla società Po­lis d’Istinto e per gli altri dagli interrogatori di Tavaroli e Ci­priani, detective della security Telecom allora presieduta da Tronchetti Provera e dal suo vice Buora, entrambi nell’orga­nigramma di Palazzo Durini ­risale a tempi caduti in prescri­zione, che al momento è ancora di 2 anni per i club e di 4 per i lo­ro tesserati. Le presunte inda­gini svolte invece dall’Inter sul conto del fischietto e del diri­gente moggiani (la celeberrima Operazione Ladroni) sarebbero riconducibili, come emerso da dichiarazioni e deposizioni, al­l’iniziativa difensiva del defun­to presidente Facchetti, all’e­poca attivato dall’outing dell’ar­bitro Nucini. La Procura non nega i fatti né li definisce leciti: si limita a constatare la prescri­zione e la non procedibilità. Chi si attendeva condanne, resta co­me sono rimasti gli avversari di Berlusconi alle sentenze di al­tri processi o chi si aspettava di vedere punita per doping la Ju­ventus. Si conclude così il procedimento sportivo riguardante anche i pedinamenti. Ma i legali delle «vittime» continuano la causa civile con la richiesta dei danni. Un’archiviazione pesan­te. Poiché non smonta l’impian­to accusatorio, pur senza dargli corso nell’impossibilità - o quan­tomeno nella scarsa determina­zione a coltivare il teorema del «non poteva non sapere» - di porre a confronto in un dibatti­mento sportivo le contraddizio­ni tra i risvolti di un grande processo penale (quello appunto di Telecom) e la correlata, ri­duttiva versione fornita da Mo­ratti a Borrelli. Il capo degli 007 federali, la cui relazione in merito era stata molto dura, non poteva non configurarsi a ieri nei panni dello sconfitto, o se non altro del deluso: come i suoi vice. Danilo Buongiorno, avvoca­to di Vieri che come risarcimen­to ha chiesto all’Inter 9 milioni e alla Telecom 12, si riserva di «leggere le motivazioni: ritengo che non abbiano esaminato con attenzione l’evidenza, e sarei sorpreso se avessero archiviato senza esaminare gli atti del pro­cesso penale; in tal caso, richie­derò di farlo al procuratore fe­derale. Credo che anche l’Asso­calciatori sia un po’ arrabbiata, stante la raccolta illegale di informazioni su alcuni suoi affi­liati. In ambito civilistico, per noi nulla cambia: l’istanza pro­cede. Ricordiamoci che Telecom, costituendosi in giudizio, ha chiamato due volte in causa l’Inter. Ma ripeto, cercherò di far riaprire il caso anche in sede sportiva». Dall’Aic, come prima reazione, confermano il soste­gno a Vieri violato nella privacy. In quanto a De Santis, al quale Moratti aveva rinfacciato - co­me all’ex designatore Bergamo - certi riferimenti a Facchetti, ha fatto rilevare tramite il lega­le Silvia Morescanti «le con­traddizioni dello stesso Moratti, che si è più volte smentito», per poi aggiungere di suo: «A me in­teressa l’indagine di Milano, nella giustizia sportiva non ho più fiducia. Troppe cose qui ven­gono archiviate, mentre altre vengono portate alla luce anche senza prove o addirittura senza indagini». Insomma, colpi di spugna a seconda di chi deve la­vare le colpe o levarsi le maga­gne. Tempi brevi ma soprattutto esiti meno ponziopilateschi do­vrebbe avere il caso delle psu­svalenze, che non turba solo Moratti. Il quale, a ogni buon conto, ieri ha ampliato il suo concetto così: «La soddisfazione che molte persone hanno prova­to per il nostro ingiusto coinvol­gimento in queste vicende con la magistratura ordinaria e sportiva (palese il riferimento a Capello e Moggi, ndr) sarà di breve durata. Non accadrà nul­la di antipatico per la nostra so­cietà, alla fine avremo ovunque l’assoluzione ». Forse voleva dire l’archiviazione.

Moggi su: Tavaroli, dossier Telecom e Palazzi

Le ultime dichiarazioni di Tavaroli su Telecom e dintorni dovrebbero aver fatto fischiare le orecchie al superprocuratore Palazzi. Però i fischi Palazzi deve averli sentiti sonoramente dopo che Fulvio Bianchi, nella sua rubrica “Spy Calcio” in Repubblica.it, è andato diritto al nocciolo del problema, esprimendo la convinzione che il superprocuratore tornerà ad occuparsi dell’inchiesta sportiva sul dossier Telecom dopo che la chiusura delle indagini della magistratura di Milano ha fatto uscire “carte nuove”. Palazzi, in sostanza, dovrebbe riprendere, ovvero dovrebbe sentire il dovere di riprendere l’inchiesta sportiva a suo tempo chiusa, facendo un percorso simile a quello che ha fatto dopo la conclusione dell’inchiesta di Napoli, aprendo il fronte di “Calciopoli 2”.
Vedremo cosa accadrà, ma al momento va registrato (e rimarcato) quello che scrive Fulvio Bianchi, con una chiarezza che mi pare solare: “Sono uscite carte nuove, si parla di intercettazioni anche nei confronti dell’ex arbitro Massimo De Santis e dell’ex numero uno della Figc, Franco Carraro. Nulla si sa sul contenuto di quelle intercettazioni ma intanto è apparso tempo fa un dossier, chiamato “ladroni”, dove la vita (privata) di De Santis era stata messa sotto indagine. Un lavoro (proibito) con visure catastali, foto. Gli spioni di Tavaroli erano andati anche a vedere negli alberghi dove De Santis soggiornava prima delle partite. Non avevano scoperto nulla: ma perché e per conto di chi lo avevano fatto? L’ex arbitro, con il suo avvocato, Silvia Morescanti, aveva chiesto le carte ai pm di Milano, in attesa di costituirsi parte offesa e di chiedere i danni (milioni di euro, ovviamente). Ora chiederanno anche le intercettazioni. Una brutta storia, ha detto la Morescanti”. E a questo punto Bianchi si chiede che farà Palazzi: “Ha già centinaia di fascicoli aperti, oltre 600: un lavoro immane. Vorrà rimettere ordine anche su questa storia? Vorrà vederci chiaro? In passato, chissà perché, era stato così veloce”.
L’interrogativo usato dal cronista sembra sottintendere una buona carica di pessimismo sulle prossime mosse del superprocuratore, e quel “chissà perché” lo raccomando a chi è sempre voglioso di misteri. Ma Fulvio Bianchi è andato oltre ed un altro passo merita di essere riportato, laddove parlando di “Calciopoli 2” ricorda i patteggiamenti fatti con la Juve, e con Paparesta padre e Paparesta figlio, sottolineando che “le carte di quei patteggiamenti non si sono mai viste, le ha chieste l’avvocato dell’ex arbitro Bertini ma non gliele hanno date con la ridicola motivazione che “non erano rilevanti ai fini del decidere”. Per Bianchi, “qualcosa non torna”. “Il processo Sim si è tenuto a porte chiuse, sentenza solo la prossima settimana. Sentenza delicata che porterà ad altri processi (sino al Tar). Pare che qualche avvocato dopo aver abbandonato l’aula abbia intenzione di fare un esposto alla Corte di giustizia della Figc e addirittura alla Procura della Repubblica”.
Tutte queste opinioni di Bianchi avrei potute tirarle fuori io per primo, ma nel caso mi ci appoggio, perché provenienti da una terza parte assumono di sicuro maggiore rilevanza. Nel frattempo sono state rese note le deposizioni fatte ai magistrati da Tronchetti Provera e da Massimo Moratti, deposizioni naturalmente autoassolutorie.
“Tavaroli - afferma Tronchetti Provera - non ha mai avuto nessuna indicazione, né da me, né da Moratti penso, assolutamente, di occuparsi della società di Moggi, ma neanche da Facchetti penso che abbia avuto indicazione di occuparsi della società di Moggi”. Detto che la società non espressamente indicata era la Juve, ma forse non ce n’era bisogno, segnalo ai lettori quel “penso” molto ripetuto che dalle mie parti indica una incertezza solo presunta.
Rendo atto a “Repubblica” di aver scoperchiato con le dichiarazioni di Tavaroli un vaso assai più colmo di quanto qualche ingenuo (?) poteva pensare e di aver smantellato la convinzione, alimentata da qualche parte interessata, che l’affaire Telecom fosse solo “un budino malfatto dove all’opera era solo una combriccola di tre persone che voleva lucrare un po’ di denaro per far bella vita e che avrebbe abusato dell’ ingenuità di Tronchetti Provera e Carlo Buora”, il quale ultimo era amministratore delegato di Telecom ed aveva cariche di peso anche all’interno del cda dell’Inter, cioè sapeva tutto di quanto accadeva da una parte e anche dall’altra.
Ora abbiamo conferma che lo scandalo Telecom è di proporzioni enormi, e in esso ha il suo cantuccio importante il versante calcistico e segnatamente il filone interista. Nelle sue dichiarazioni Tavaroli illustra il suo stretto, diretto e duraturo contatto con i vertici di Telecom, vale a dire con Tronchetti Provera e Buora, e dunque nessuno dei due, e tantomeno il primo, può dire che nulla sapeva di quello che Tavaroli faceva, che era poi quello che gli veniva ordinato, a cominciare dalle informazioni e dai dossier, anche in ambito calcistico, che Tavaroli chiedeva ad Emanuele Cipriani, che è quel Cipriani titolare della Polis d’Istinto, cui furono commissionate le indagini, ad esempio, a carico di Vieri, ma anche a riguardo della Gea, della Juve, del sottoscritto, di Mutu. E a cosa potevano servire quelle indagini se non all’Inter, che infatti le pagò, anche se il patròn nerazzurro messo alle strette ammise solo quelle per Vieri? Questi nomi appaiono nelle carte della Procura di Milano, ora a disposizione di tutti i 34 indagati della vicenda Telecom.
Nell’elenco di esponenti del calcio finiti nel mirino della Security Telecom c’erano il sottoscritto e tanti altri, perché “per sapere se i trofei bianconeri erano stati vinti all’insegna della trasparenza” (e che titolo aveva Tavaroli, o per esso i suoi committenti, per fare quest’indagine?), il capo della Security Telecom mise sotto controllo persino il cellulare dell’allora presidente della Figc Carraro, quelli della Gea, degli arbitri Salvatore Racalbuto e Massimo De Santis. “Evidente il nesso - a giudizio anche di Repubblica - tra queste operazioni e il rapporto tra Marco Tronchetti Provera e l’Inter dell’amico Massimo Moratti. Tavaroli, per capire il motivo di tanti insuccessi inanellati dalla presidenza morattiana, si sarebbe mosso ovviamente con i suoi strumenti”.
A questo punto non c’è chi non veda che a tutti potevano essere affidate le intercettazioni per Calciopoli, meno che alla Telecom che, com’è noto, in migliaia di telefonate non ne trovò una, che sia una, in cui comparisse l’Inter, qualcuno dei suoi dirigenti, o dei suoi calciatori. Eppure fermissima fu la dichiarazione del designatore Bergamo che testimoniò che lui veniva chiamato a telefono da tutti e che tutti egli riceveva, anche quelli dell’Inter. Quando io sottolineai questa discrepanza, che per essere verosimile sarebbe dovuta essere molto più che miracolosa, mi si obiettò da parte di un foglio rosa che il club cui erano indirizzate le mie osservazioni era adamantino, al di sopra di ogni sospetto, e fu, anzi, da quel momento che per l’Inter venne coniata l’etichetta di “banda degli onesti”.
Questa è storia nota, ma non è mai tardi e inutile rimarcarla, perché la memoria non è un esercizio molto seguito nel calcio, quando scientificamente la si vuole trascurare. E per dare una rinfrescata all’argomento posso ricordare un’altra testimonianza di Tavaroli che risale all’11 ottobre di due anni fa ma che in tema mi sembra assai pregnante. Nell’interrogatorio reso ai magistrati Tavaroli riferì che “i dirigenti dell’Inter” gli chiesero di fare indagini sull’arbitro De Santis e, a richiesta di maggiori dettagli, precisò di aver parlato con l’allora presidente Giacinto Facchetti e che a passare la cornetta era stato il patron Massimo Moratti in persona. In un intervista all’Espresso Moratti sostenne di non aver mai incontrato Tavaroli e di non essere stato a conoscenza del “dossier De Santis”. Al “Corriere della sera magazine” aveva invece detto il contrario. Così va il mondo, ma dubito che ci possa essere ancora qualcuno disposto a credere all’estraneità dell’Inter negli affari della premiata ditta Telecom e della sua Security Service.

Luciano Moggi

[fonte: www.papanews.it]

Nota: giova rileggere quanto a suo tempo deciso da Palazzi, sui dossier illegali, e spiegato nei seguenti articoli: inter, assoluzione..no, prescrizione

venerdì 11 aprile 2008

All Star Gonzo 2009

1° turno preliminare - 256 squadre
2° turno preliminare - 128 squadre
32/i di Finale - 64 squadre
16/i di Finale - 32 squadre
8/i di Finale - 16 squadre
4/i di Finale - 8 squadre
Semi-Finali - 4 squadre
Finale - 2 squadre

15 turni (7 turni andata/ritorno - finale unica)

256 slot a disposizione per partecipare all'ALL STAR GONZO per i Gonzo Allenatori.

Le migliori 128 leghe del Gonzo in base alla MEDIA DELLE PRIME 8 SQUADRE.
Dividiamo le Leghe in base al numero delle Squadre partecipanti.

128 prime classificate per "media gonzo" alla data stabilita
128 seconde classificate per "media gonzo" alla data stabilita.
* si intendono prima e seconda classificata di una stessa Lega! *

Una sorta di Classifica UEFA.

VENGONO QUINDI PREMIATE LE LEGHE IN CUI VI E' UNA MAGGIORE COMPETIZIONE.
(per es. la Liga e' ovviamente piu' competitiva della Premier Liga Russa)

*La squadra vincitrice dell'All Star l'anno precedente, qualora sia ancora "attiva",
prendera' il posto dell'ultima classificata nella Media Gonzo, per la Lega corrispondete
(da 8,..12..o 16 squadre), in base alla Lega a cui partecipa nella stagione in corso.
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Dividiamo in percentuale quanti slot assegnare alle leghe da 8, 10, 12,14 e 16

Leghe da 08 = 16 posti +16 (seconde classificate)
Leghe da 10 = 32 " +32 "
Leghe da 12 = 32 " +32 "
Leghe da 14 = 32 " +32 "
Leghe da 16 = 16 " +16 "

TOTALE 256 posti (prime e seconde classificate)
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1° Turno preliminare

prima di una lega da 8 VS seconda di una lega da 8
prima di una lega da 10 VS seconda di una lega da 10
prima di una lega da 12 VS seconda di una lega da 12
prima di una lega da 14 VS seconda di una lega da 14
prima di una lega da 16 VS seconda di una lega da 16

2° Turno preliminare

Leghe da 08 = 16 posti
Leghe da 10 = 32 "
Leghe da 12 = 32 "
Leghe da 14 = 32 "
Leghe da 16 = 16 "
(TOTALE 128 posti)

FASCIA A: 16 squadre leghe da 8 VS 16 squadre leghe da 10
FASCIA B: 16 squadre leghe da 10 VS 16 squadre leghe da 12
FASCIA C: 16 squadre leghe da 12 VS 16 squadre leghe da 14
FASCIA D: 16 squadre leghe da 14 VS 16 squadre leghe da 16

32/i di Finale

FASCIA A VS FASCIA B
FASCIA C VS FASCIA D

16/i di Finale

8 migliori/vincitrici FASCIA A VS FASCIA B VS 8 peggiori/vincitrici FASCIA C VS FASCIA D
8 migliori/vincitrici FASCIA C VS FASCIA D VS 8 peggiori/vincitrici FASCIA A VS FASCIA B

8/i di Finale

si applica il sorteggio o qualsiasi altro metodo fattibile

4/i di Finale

tabellone tennistico classico

1° VS 2°
3° VS 4°
5° VS 6°
7° VS 8°

Semi-Finali

vincitrice 1°vs2° VS vincitrice 3°vs4°
vincitrice 5°vs6° VS vincitrice 7°vs8°

FINALE

squadra A VS squadra B

giovedì 13 marzo 2008

Dossier doping: la verità sul processo alla Juventus

Il 29 marzo 2007, dopo innumerevoli rinvii, si conclude finalmente il processo alla Juventus. Con una mossa a dir poco sconcertante il pm Guariniello, sconfitto in sede d’Appello, aveva deciso di fare ricorso in Cassazione. Raro che un pubblico ministero prosegua fino al terzo grado dopo una sentenza di piena assoluzione.
In sintesi, la Suprema Corte respinge il ricorso per quanto riguarda la somministrazione di eritropoietina: il fatto non sussisteva e continua a non sussistere. Ora ci sarebbe da zittire tutti quei giornalisti (?) che per anni si sono riempiti la bocca parlando di “Juve epo-cale” e di “epo-pea bianconera” con una sfacciataggine ed una presunzione senza confini.
Eppure qualcuno ha trovato ugualmente il modo di rialzare la testa: la sentenza della Cassazione lascia intendere che si sarebbe anche potuto discutere il ricorso in merito all’abuso di farmaci ma che sarebbe stato completamente inutile, visto il sopraggiungere della prescrizione. Questo ha dato modo ai più ciarlieri di parlare di “assoluzione per prescrizione”, nell’ennesimo slancio forcaiolo e giustizialista. Pare invece di trovarsi di fronte ad una sentenza cerchiobottista: la Juve non è colpevole ma Guariniello non ha lavorato a vuoto. I giornali invece insistono menzionando la prescrizione, ma parlando tra le righe e a denti stretti del fallimento dell’accusa di doping vero e proprio, ovvero dell’uso di Epo. Una sconfitta in piena regola, solo parzialmente mitigata dall’illusione che l’abuso di farmaci possa “in astratto” essere considerato pratica dopante. Abuso di farmaci, come si è visto, praticato da tutti, come e più della Juventus.
Strano infine che nessun organo di informazione si sia premurato di sottolineare un fondamentale particolare: la Cassazione non entra nel merito delle sentenze, «Non giudica sul fatto, ma sul diritto: ciò significa che non può occuparsi di riesaminare le prove, ad esempio, ma può solo verificare che la procedura relativa ai gradi precedenti del giudizio si sia svolta secondo le regole». Il processo, al limite, si sarebbe dovuto rifare. Quindi, dov’è la tanto millantata “assoluzione per prescrizione» (“solo la prescrizione salva la Juventus” titola il Corriere della Sera)? Semplicemente era inutile proseguire, ma questo probabilmente un concetto che non andrà mai giù a certi scrivani che hanno nella Juventus la loro ragione di vita (e di retribuzione).
La storia è finita e non rimane che citare le parole dell’avvocato Chiappero:

E’ stato un grande successo che sconfessa anni di gogna mediatica perché, con riferimento al tema principale del processo, e cioè l’accusa di somministrazione di Epo, il ricorso del procuratore generale è stato addirittura dichiarato inammissibile.

e del dottor Agricola:

Per quanto concerne l’altra parte della sentenza è finalmente terminato il doloroso iter che vedeva imputato solo me per l’utilizzo di farmaci che tutti i medici dello sport senza eccezioni hanno usato negli anni oggetto d’indagine.

Ultimo commento ad Antonio La Rosa e ad un suo articolo, apparso su Juventus1897.it il 16 giugno 2007:

Leggendo la sentenza sul processo Agricola, ho trovato a pag. 26, una perla che vi riporto:
“Le condotte incriminate dall’art. 1 (legge 401/89), sono quindi due: la prima di corruzione in ambito sportivo ...la seconda ...è costituita da una generica frode e rimane integrata dal mero compimento di <> ... in quest’ultimo caso non costituisce "una disposizione a più norme, ma una norma a più fattispecie ... l’ipotesi ha infatti una latitudine ... assai ampia e non certo comparabile con la puntuale previsione di cui al primo comma ... la natura fraudolenta dell’atto esclude qualsivoglia violazione del principio di determinatezza e di tipicità”!
Mi scuso in anticipo con i lettori se per natura dell’argomento dovrò essere alquanto tecnico, per gli argomenti, ma ritengo fondamentale commentare questo passaggio della sentenza, autentico attentato a principi fondamentali del diritto penale.
Da studentello, il mio grande professore di diritto Penale (Enzo Musco), mi insegnò che il principio fondamentale del Diritto Penale è il cosiddetto “principio di legalità”: un reato esiste perchè esiste una previa norma di legge che lo qualifichi come tale, ma per qualificarlo come tale la norma deve essere "tassativa" ossia sufficientemente determinata nella fattispecie (ossia la descrizione del fatto-reato).
Tempo sprecato il mio, forse era meglio che mi davo ai divertimenti anziché perdere tempo nei manuali e a lezione, tanto poi arriva la Cassazione a dire l’esatto contrario, ossia che basta ipotizzare fraudolenza in qualunque comportamento fraudolento, perché proprio qualunque comportamento possa essere ritenuto reato.
E’ sufficiente solo che un Giudice si convinca che quel comportamento è fraudolento, e dunque diventa reato, anche a costo di arrivare a sentenze assurde al termine di processi assurdi, e cercherò di spiegarne le ragioni. La legge 401/89 venne emanata a seguito dello scandalo "calcioscommesse 2", e in considerazione del fatto che tutti gli imputati dello scandalo “calcioscommesse 1” (quello che portò il Milan e la Lazio in B), vennero assolti, dato che all’epoca non esisteva una legge che punisse fatti del genere.
Quindi legge che nasceva dalla necessità di reprimere quei fatti che, compiuti da tesserati, giocatori, dirigenti, estranei, etc., producevano una alterazione dei risultati sportivi, per far conseguire degli utili o garantire interessi di vario genere (che so, scommesse clandestine, promozioni o retrocessioni mirate, vittorie di partite decisive, o anche vittorie in gare senza rilievo di classifica): come dire, forma di corruzione nello sport: l’art. 1 infatti recita: “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (Unire) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione ...”.
La questione interpretativa si pone dunque per quell’inciso "compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo", che (mi scuso per chi tecnico non è) per il noto principio della "tassatività", non può che essere un atto equiparabile all’offrire o promettere denaro e/o altri vantaggi, al fine di raggiungere un risultato diverso.
In altri termini, la “ratio legis” sta nella combutta tra più soggetti per l’alterazione di un risultato sportivo, nelle forme più disparate, ma sempre a quel fine: in parole povere, un accordo tra giocatori, che so, per far segnare più gol ad uno in modo da fargli vincere la classifica cannonieri, e dunque farlo innalzare di valore, anche se non rientra nel caso della corruzione vera e propria, sarebbe comunque una frode sportiva.
E’ evidente che, posto così il problema, l’uso di farmaci (o l’abuso, o anche l’uso di sostanze dopanti, come si voglia preferire), non è in alcun modo inquadrabile nel reato di frode sportiva, dato che non c’è la "concertazione" tra soggetti per alterare il risultato, non c’è il promettere o dare denaro o altri vantaggi, non c’è insomma l’azione mirata ad alterare il risultato sportivo, per l’ovvia ragione che l’uso di quei prodotti magari aumenta il rendimento dell’atleta, ma non produce di per sè l’alterazione del risultato sportivo, che in effetti può anche non accadere.
Cosa di cui era ben convinta la Cassazione, che in una sentenza del 1996, escludeva dalla frode sportiva, l’uso di sostanze dopanti da parte dei ciclisti. Poi arrivò ... Guariniello!
La sua indagine a Torino, dopo le famigerate dichiarazioni di Zeman, partì inizialmente come ipotesi di reato relativa alla tutela della salute del lavoratore, che sarebbe stata messa a rischio dall’uso non giustificato di farmaci; poi, non essendo l’ipotesi tale da suscitare clamore mediatico, interviste, conferenze stampa e quant’altro, il nostro Guariniello, uscì il coniglio dal cilindro: l’uso di questi farmaci, anche se leciti, ma in dosi non giustificate o ritenute non giustificabili, non può che essere inquadrato nell’atto fraudolento al fine di alterare un risultato sportivo, e dunque costituisce frode sportiva.
Cosa che nella sua requisitoria ha in sostanza detto: mi ricordo a memoria che ebbe a dire una frase tipo “noi non capivamo perchè dopo nove anni la Juventus era tornata a vincere”: insomma la vittoria come frutto di uso di farmaci, ed allora mi chiedo perchè non si sia, Guariniello, insospettito di quel Milan che aveva vinto per tre anni di fila, prima della "dopata" Juventus!. Teoria rimasta isolata, tanto che la legge sul doping fu emanata nel 2000, e proprio perchè si ritenne che in effetti c’era un vuoto legislativo sul punto, che andava colmato con una legge ad hoc, molto più rigorosa, dato che la fattispecie è a dolo generico (è sufficiente solo l’assunzione di farmaci illegali per commettere reato), mentre la frode sportiva è a dolo specifico (l’atto deve essere finalizzato alla alterazione del risultato, altrimenti non è fraudolento).
Tornando alla sentenza della Cassazione, il pericolo di quel principio che ho evidenziato all’inizio, sta proprio nel fatto che, non potendosi applicare retroattivamente una legge, quella del 2000, che peraltro dichiarò illeciti certi farmaci leciti fino a quel momento, tende a fare rientrare dalla finestra ciò che dalla porta principale non può entrare, ossia il ragionamento che l’uso o abuso di farmaci possa essere finalizzato all’alterazione del risultato sportivo, e dunque rientrante nella previsione della legge 401/89.
La cosa produce una pericolosissima estensione della fattispecie, dato che se l’atto fraudolento può essere commesso non da più persone, in concertazione fra di loro, bensì da sole persone appartenenti ad una sola squadra (come nel caso che ci occupa), d’ora in avanti qualsiasi atto che abbia come esito l’alterazione del risultato sportivo, può essere ritenuto fraudolento e dunque frode sportiva.
Come dire, si sta trasformando l’art. 1, nell’inciso che ho evidenziato, in una specie di norma penale in bianco, in violazione del principio di legalità, dato che la qualificazione dell’atto come fraudolento diventa un giudizio discrezionale e non più vincolato a parametri ben precisi.
Il tutto per far dire ai media che la Juventus in fondo era colpevole ma si è salvata per prescrizione, insomma per accontentare l’antijuventinismo dilagante.
Insomma, qui non si parla più di calcio da bar sport, ma di diritti inviolabili, di principi costituzionali calpestati, di certezza del diritto mandata a quel paese: sta qui il pericolo di pronunce come quella di cui discutiamo.
In sostanza: si sono letteralmente inventati una ipotesi di reato, pur di far dire che la Juve si dopava. Chiaro?

si ringrazia il dr. zoidberg

mercoledì 27 febbraio 2008

Inter: La (non) retrocessione del 1922

L’anno calcistico 1921/22 è anomalo, non si disputa un solo campionato ma due, organizzati da due distinte federazioni: il Cci (Confederazione Calcistica Italiana) e la Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio). L'Inter partecipa al campionato Cci, che si conclude il 30 marzo 1922, classificandosi all’ultimo posto nel girone B della Lega Nord. La classifica completa recita:

Genoa 37, Alessandria 28, Pisa 27, Modena 26, Padova 23, Torino 20, Casale 20, Legnano 20, Savona 20, Venezia 17, Brescia 15, Internazionale 11.

Per quell’anno e per quel campionato non erano previsti spareggi ma la retrocessione diretta per le ultime classificate di ogni girone. Insomma, un annata nera per l’Inter: retrocessione con peggior attacco e peggior difesa. Ma quando ormai pare certo il declassamento, da più parti si alzano voci di protesta e malcontento riguardo alla bipartizione del torneo calcistico nazionale. Per l’anno successivo, si dice, è necessario rivisitare il sistema e tornare ad un unico campionato. Non tutti sono d’accordo e il dibattito si inasprisce causando uno stallo ricco solo di infruttuose polemiche. La situazione viene sbloccata da Emilio Colombo, commendatore milanese di grande fama e, incidentalmente, direttore del quotidiano sportivo più famoso d’Italia, la Gazzetta dello Sport: il 22 giugno 1922 (ben tre mesi dopo la conclusione dei campionati) il commendatore convoca a Brusnengo, in provincia di Milano, i dirigenti delle due federazioni per un arbitrato che risolva una volta per tutte la questione. La decisione, denominata poi “Compromesso Colombo” , è presa da un comitato di saggi (ricorda qualcosa?) il quale decreta il riassorbimento della Cci all’interno della Figc. Viene deciso che il nuovo campionato unificato si disputi con 36 squadre scelte con criteri meritocratici tra le due federazioni. Tuttavia, per l’assegnazione degli ultimi sei posti vengono predisposti degli spareggi tra le squadre della Figc e della Cci. La Cci sceglie di far disputare un turno interno preliminare che produca le squadre da mandare poi ad affrontare quelle della federazione “avversaria”. Incomprensibilmente, il comitato di Colombo decide di concedere tale possibilità solo alle squadre delle due leghe del Nord, escludendo quelle del centro-sud, che vengono automaticamente declassate:

Audace Esperta Roma, Pro Roma, Tivoli (ultime tre squadre girone Lazio) Salernitana (ultima nel girone della Campania) Virtus Macerata (ultima nel girone A delle Marche) Folgore Ancona (ultima nel girone B delle Marche) Veloce (ultima nel girone delle Puglie) Libertas Messina (ultima nel girone della Sicilia)

Altrettanto inspiegabilmente il Venezia, giunto terzultimo nello stesso girone dell’Inter, viene direttamente retrocesso consentendo ai nerazzurri di accedere al turno preliminare di spareggio: l’Inter viene abbinata alla Sport Italia Milano, squadra neopromossa ma ormai fallita per problemi economici, che non è nemmeno in grado di presentare i suoi atleti sul terreno di gioco. L’incontro viene vinto a tavolino dall’Inter che in questo modo passa al turno finale, dove trova la Libertas Firenze. Anche i toscani però hanno i conti in rosso e sono in via di scioglimento: nella gara di andata del 9 luglio a Milano l’Inter ha vita facile e si impone per 3-0 (due reti di Tullio Aliatis e una di Ermanno Aebi, detto “Signorina”) facendo del ritorno, a Firenze il 16 luglio, una formalità. Il match finisce 1-1 decretando la salvezza in extremis della squadra nerazzurra. Quindi, grazie al provvidenziale intervento di Emilio Colombo, solo ai nerazzurri (e al Vicenza) fu concessa la chance di salvarsi mentre ad altre squadre fu negata tale possibilità. Fa sorridere ma si può dire, a ragione, che l’Inter fu salvata dalla Gazzetta… Questa vicenda è interessante in relazione alla fantomatica retrocessione della Juventus nel 1913. Per anni, interisti e antijuventini di varia estrazione si sono riempiti la bocca con questo aneddoto storico senza però conoscerne gli esatti contorni. Nel 1913 non erano ancora ben definite le composizioni delle serie inferiori al punto che, per alcune stagioni, non si disputò alcun torneo di seconda divisione e non venne applicato il sistema delle retrocessioni. È proprio il caso del 1913 in cui tutte le squadre giunte all’ultimo posto nel campionato maggiore (e non solo la Juventus) presero regolarmente il via nel campionato principale successivo:

Libertas (ultima nel girone di Liguria e Lombardia) Modena (ultima nel girone di Veneto ed Emilia Romagna) Firenze e Pisa (ultime nel girone della Toscana) Internaples (ultima nel girone della Campania) Alba (ultima nel girone del Lazio, trasformatasi l’anno dopo nella Fortitudo)

Quindi c’è una bella differenza tra l’essere “riammessi” (in un’epoca in cui le serie inferiori non sempre si giocavano) e l’essere squadra privilegiata a disputare uno spareggio per non retrocedere. Infine, a chi sostiene che l’ultimo posto dell’Inter del 1922 era di poco valore poiché “ottenuto” in un campionato che non c’è più, va ricordato che quell’anno furono assegnati due scudetti, vinti da Pro Vercelli (Cci) e Novese (Figc), i quali sono tutt’oggi trofei validissimi . C’è invece da chiedersi perché la Juventus, che aveva vinto due campionati federali nel 1909 e nel 1910, abbia dovuto vederseli sottrarre per ragioni ancora oggi ignote. In sostanza, se il “doppio campionato” lo vincono Pro Vercelli e Novese tutto a posto, se lo vince la Juve, non vale più. Evidentemente, anche ai giorni nostri, non si è perso il vizio…

si ringrazia il dr. zoidberg

Inter: Lo scudetto (di cartone) del 1910

La storia dell’F.C.Internazionale comincia il 9 marzo 1908 al ristorante “Orologio” di Milano dove 43 “dissidenti” del Milan si riuniscono per discutere di una normativa che impedisce alle squadre italiane di schierare atleti stranieri. Questa costola rossonera fonda una nuova società che viene, programmaticamente, chiamata “Internazionale” proprio per dimostrare la volontà di consentire ai calciatori di tutto il mondo di misurarsi nel nostro campionato. Un nomen che si rivelerà profeticamente omen molti anni più tardi: quella nerazzurra, infatti, sarà la prima società nella storia del nostro calcio a mettere in campo una formazione interamente composta da atleti stranieri (24 novembre 2005, Inter-Artmedia Bratislava di Champions League). Due anni dopo la fondazione è già scudetto, ma le modalità con le quali viene conquistato ricordano molto da vicino il teatrino dell’assurdo che ha permesso recentemente ai nerazzurri di fregiarsi di un titolo conquistato da altri. Vediamo cosa accadde in quell’anno di grazia 1910. Il campionato vede ai nastri di partenza nove squadre che si sfidano con la formula del girone unico, in partite di andata e ritorno. Ad inizio aprile il torneo si conclude con questa classifica:

Pro Vercelli e Internazionale 25, Juventus 20, Torino 17, Genoa 15, U.S.Milanese 13, Milan e Andrea Doria 12, Ausonia 5

Vista la parità al termine delle sfide di campionato, il regolamento prevede lo spareggio, da giocarsi in gara singola sul terreno della formazione che abbia totalizzato il maggior numero di reti segnate. In questo caso la Pro Vercelli. Ma c’è un problema: la data fissata per l’incontro è il 24 aprile e, per quel giorno, i vercellesi devono rinunciare ad alcuni dei loro più importanti calciatori, impegnati nelle file della nazionale militare. Al fine di riavere disponibili i propri tesserati, La Pro Vercelli chiede ufficialmente un cambio di data ma la Figc rende noto che spetta all’Internazionale la decisione finale di un eventuale spostamento. La società nerazzurra respinge la richiesta e impone agli avversari di presentarsi nel giorno prestabilito. Sdegnata da una tale mancanza di sportività la Pro Vercelli schiera, in segno di protesta, la quarta squadra, una formazione giovanile composta principalmente da undicenni. L’Inter, nonostante l’evidente disparità di forze, non si tira indietro e gioca l’incontro: finisce 10-3 per i nerazzurri, che riescono anche a farsi infilare tre volte da una squadra composta da “atleti” poco più che bambini. Ecco come entrò in bacheca il primo scudetto nerazzurro. Chissà che anche allora il Moratti di turno non abbia brindato alla vittoria.

si ringrazia il dr. zoidberg